Palazzo Filomarino
Indirizzo: via Benedetto Croce, 12
Metro: Linea 1 stazione Dante-Toledo
Orari di visita: lunedì-giovedì dalle 9,00 alle 19,00
Metro linea 1 – fermata Dante
Questo antico palazzo napoletano vanta, come tanti altri edifici disseminati in tutta la città, una lunga storia. La sua fondazione risale all’età angioina per volontà della famiglia Brancaccio, di cui restano testimonianza i frammenti di due archi ogivali lungo le pareti dello scalone settecentesco.
Agli inizi del Cinquecento l’edificio fu acquistato dal principe di Bisignano, Girolamo Sanseverino e, nel 1487, passò al figlio Bernardino; questi ricostruirono il palazzo e crearono l’ampio cortile porticato disegnato dall’architetto Giovan Francesco di Palma. Successivamente, passato nelle mani di Pier Antonio Sanseverino e quindi al figlio di questi, a causa di dissidi per l’eredità, la proprietà fu acquistata dal nobile Tommaso Sanseverino della Rocca.
All’epoca della rivolta napoletana capeggiata da Masaniello contro i dazi imposti dal governo vicereale spagnolo, il palazzo apparteneva a Francesco Filomarino, considerato amico del popolo che qui ospitò i rivoltosi per aiutarli a sfuggire alle truppe spagnole; tuttavia i colpi di cannone sparati dall’esercito reale l’8 marzo 1648 distrussero la parte superiore dell’edificio per cui si resero necessari ulteriori lavori di restauro, iniziati nel 1678 da Giambattista Filomarino. Grazie alla famiglia, l’edificio divenne un centro culturale frequentato da personaggi illustri del tempo, tra i quali Giambattista Vico. Il palazzo andò abbellendosi e impreziosendosi di opere d’arte dei maggiori maestri della pittura, dal Carracci a Tintoretto, da Leonardo a Dürer.
I lavori di restauro e abbellimento riguardarono anche l’esterno del palazzo e furono affidati alla maestria dell’architetto Ferdinando Sanfelice che realizzò lo scalone in piperno, caratterizzato da una strombatura verso l’interno e ornato da bugne a punta di diamante in marmo bianco, e il portale d’ingresso, anch’esso in piperno, arricchito da una coppia di lesene bugnate e che termina con un fantasioso timpano spezzato chiuso da singolari volute che stringono al centro una decorativa chiave di volta.
Ancora, nel corso dell’Ottocento, vennero effettuati altri lavori che videro l’aggiunta di balconi e di un ulteriore piano. La proprietà del palazzo rimase ai Filomarino fino a quest’epoca e in seguito venne acquistata da più condomini, tra i quali il filosofo Benedetto Croce che vi abitò e lavorò fino al 1952, anno della sua morte.
Benedetto Croce acquistò il secondo piano dell’edificio, molto probabilmente anche mosso dal fatto nell’edificio aveva trascorso la sua infanzia Giambattista Vico, di cui Croce era un grande estimatore: in ragione di ciò, il 1º novembre 1926 il palazzo subì un’incursione degli squadristi. Durante il ventennio fascista, palazzo Filomarino era sottoposto ad occhiuta sorveglianza poliziesca, e i visitatori del filosofo erano schedati con cura;] quel «circolo crociano» era “considerato dagli sbirri un pericoloso covo eversivo contro il regime, da sorvegliare continuamente con agenti stabilmente dispiegati, sino alla fine del fascismo nel 1943, nella portineria di Palazzo Filomarino”.
Proprio nei locali della sua abitazione privata nel 1947 Croce fondò, con l’aiuto dell’umanista nonché amico Raffaele Mattioli, l’Istituto Italiano per gli Studi Storici che, come si legge nello statuto, e nelle parole del filosofo aveva l’intento di avviare i giovani “all’approfondimento della storia, nei suoi rapporti sostanziali con le scienze filosofiche della logica, dell’etica, del diritto, dell’economia, dell’arte e della religione, le quali sole definiscono e dimostrano quegli umani ideali e fini e valori, dei quali lo storico è chiamato a intendere e narrare la storia”. Alla morte di Benedetto Croce, l’istituto, che è tuttora attivo, ha ricevuto in eredita la preziosa biblioteca dello studioso.
L’appartamento conserva ancora integri lo studio e la biblioteca, oggi Fondazione Biblioteca Benedetto Croce. Proprio per il suo carattere di unitarietà e specificità, la biblioteca fu dichiarata di eccezionale interesse ai sensi della legge 1 giugno 1939 n. 1809 (“Tutela delle cose d’interesse artistico o storico”) con D.M. del 16 maggio 1943, confermato il 10 febbraio 1952. Nella biblioteca si conservano i manoscritti di alcune opere di Croce e, alla morte del filosofo, è andata arricchendosi negli anni di altri volumi afferenti a discipline umanistiche (letteratura, storia, filosofia, arte).